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Fabrizio De Andrè - Creuza de ma' (1984)

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Il Camallo
view post Posted on 25/9/2004, 16:12 by: Il Camallo
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A maggior chiarimento del concetto sopra espresso, quello della sostanziale ingiustizia della pubblicazione di un disco legato al solo nome di Faber, e a riconoscimento definitivo del fatto che De Andrè impose il colpo di genio dell'uso del genovese ad un'idea musicale che però era di Pagani a tutti gli effetti, leggete un po' questo passo di Bertoncelli, e capirete il lavoro enorme alla base di questo masterwork:

"In quel mondo in effetti stupidinamente techno dance, o vetero-cantautoriale, De André e Pagani disegnarono quello strano affresco in lingua genovese e musica mediterranea che tutti oggi ricordano - bastano l’attacco del primo pezzo e quella voce che fa "Umbre de muri/muri de mainé" perché venga una pelle d’oca alta tre dita. Era un disco coraggioso, una visione, una fissazione, che è giusto accreditare a tutt’e due i responsabili e non solo a De André, come ufficialmente in copertina si fa. In realtà quel disco era nato come il sogno di Mauro Pagani, che aveva cominciato a immaginarlo già alla fine dei ’70, quand’era giovane musicista scappato dalla PFM, e se l’era poi coltivato con gelosia e incertezze come spesso accade con le idee più belle, che in fondo in fondo si teme (si sa) che non andranno mai a realizzarsi. Pagani sognava una lettura moderna di una musica che da millenni gira nel Sud Europa, un vento di Turchia capace di spirare sulle isole greche, sulla penisola balcanica ma di arrivare fino al Maghreb. Passò sei anni ad ascoltare letteralmente migliaia di dischi di quel genere, viaggiò in Grecia e Algeria per documentarsi e alla fine compose il suo mosaico, mescolando strumenti acustici ed elettrici della tradizione pop rock ma anche oud, saz, bouzouki, e la vernice elettronica del Roland 335, del synthclavier, dello Yamaha S2. Non gli interessava un’operazione puristica, anzi; Creuza de ma’ doveva essere il trionfo della bastardaggine, la dimostrazione dolce all’orecchio che la bellezza della musica come di quasi tutte le umane cose viene dall’incrocio, dalla sintesi.
Così anche i testi, e lì entra in gioco De André; prima ammirato e poi catturato dalla felice ossessione del suo compagno, e convinto a fare un disco tanto diverso non solo dalle sue ingessate opere giovanili ma anche da quelle più recenti e flessibili (l’Indiano, con Massimo Bubola). De André sulle prime pensò a una lingua inventata, a un grammelot con termini di varie regioni; per convincersi alla fine che quella "lingua mista" già esisteva da secoli ed era la sua natale, il genovese, profondamente contaminato proprio da quella cultura mediorientale che si andava a esplorare con la musica. Creuza de ma’ voleva essere la storia di un marinaio che gira il Mediterraneo e racconta quel che ha visto e fantasticato, con le parole che la vita e i luoghi visitati gli hanno appeso addosso. Il marinaio finì per essere lui, Fabrizio DeAndré, che nel grembo caldo della lingua genovese seppe raccontare con accenti nuovi le storie che gli erano sempre piaciute della gente umile, dei marinai, cogliendone slanci, fatiche, bassezze, furbizie"

Edited by Michi2004 - 25/9/2004, 17:17
 
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